Il valore di un grazie

Questo articolo lo dedico a tutte quelle persone che fanno il proprio dovere stando dietro le quinte, senza aspettarsi nulla in cambio se non la soddisfazione di aver svolto il proprio lavoro o impegno sociale e soprattutto la soddisfazione di essere stati utili. Molte volte mi è capitato che altri meno impegnati ma più attenti a promuovere se stessi prendessero tutti i meriti, ma non ho mai provato invidia per loro, anzi a volte l’ho trovato ridicolo. Tuttavia, tavolta ho provato amarezza quando, malgrado l’impegno profuso, per un nonnulla andato storto la colpa fosse attribuita proprio a chi stando in silenzio ha svolto con impegno il proprio ruolo, proprio perchè chi ama mostrarsi è immune da errori e quando li fa trova sempre una giustificazione. E’ per questo che ho deciso di scrivere questo articolo, per parlare di tutte quelle persone che si muovono nel silenzio e che non ricevono mai un grazie se non a volte stentato ed in modo che non lo percepisca nessuno.

Qualcuno ha scritto:

Un Grazie detto di fretta ha un significato debole, tralasciabile, scontato. Un grazie pronunciato fermandosi veramente a dirlo o scriverlo si riempie di un profondo significato di gratitudine, percepito da chi lo riceve.

E allora a tutti voi GRAZIE, GRAZIE di cuore!

Professionalità dell’ingegnere forense

Sulla rivista L’ingegnere italiano (n. 1 del 2020) è apparso un articolo dal titolo: “Un cambiamento necessario” in cui si affronta il problema della qualità della consulenza tecnica nel processo civile. Oggigiorno assistiamo ad un numero sempre maggiore di professionisti che si cimentano nell’arte del tecnico forense (CTU o CTP che siano). Purtroppo tutto ciò è accompagnato da un decadimento della qualità di tali figure professionali dovuto sia alla scarsa conoscenza delle norme che regolano i procedimenti civili, che alla frequentazione solo di un mini corso di 12 o 20 ore organizzato da un Ordine Professionale e/o un collegio come unica base di partenza, base che non può certo sopperire la scarsa esperienza necessaria invece in tale settore non strettamente tecnico. Quella del tecnico forense è una professione intellettuale e come tale è legata a diversi aspetti formativi, etici e deontologici. Per intraprendere una qualsiasi attività intellettuale è necessario un certo periodo di apprendistato e/o tirocinio ma stranamente per quella di tecnico forense sembra che sia sufficiente la sola  frequenza di un corso per la parte giurisprudenziale e il titolo di studio per la parte tecnica ma è proprio così?

Io non lo credo e la dimostrazione è che ci sono tanti tecnici che seppure titolati sulla carta non sono in grado di gestire il contenzioso e/o ragionano solo in termini “tecnici” trascurando gli aspetti giuridici ma soprattutto dimenticando che le loro argomentazioni costituiranno una delle basi su cui si fonderà il giudizio del Giudice e/o del cliente che si rivolgerà a loro per affidare un lavoro. Tutto ciò comporta forti risvolti nelle parti coinvolte che si affidano al tecnico allo stesso modo in cui un malato si affida al proprio medico di fiducia.

Il CTU, ad esempio, non è solo un tecnico che svolge il proprio incarico ma è un tecnico che svolge un ufficio quello appunto di consulente del giudice ossia ha un compito di pubblica utilità e non meramente tecnico. Il CTU è un tecnico fiduciario del Giudice. Forse se al termine di ogni consulenza il Giudice attribuisse un punteggio al CTU sul lavoro svolto, un po’ come avviene nelle recensioni sui ristoranti, si potrebbe avere una classifica che aiuterebbe altri Giudici a conferire gli incarichi non solo sulla base della turnazione ma anche su quella del merito. Nel privato la questione è più complessa perchè vige la regola del libero mercato e riuscire ad avere un tecnico, CTP, stellato è più ostico in quanto ci si muove più su conoscenza diretta o per sentito dire che per altro.

Ritornando all’articolo citato in apertura, la qualità non dipende solo da un codice di etica deontologico e/o professionale, codice che per gli iscritti agli albi e/o collegi professionali esiste già, ma soprattutto dalla maturità dell’individuo acquisita anche attraverso un percorso di formazione professionale sul campo che si può ottenere solo dopo un periodo di tirocinio fatto con un serio ed esperto professionista del settore.

Ugo Lops

Un ricordo su Giordano Bruno

Oggi ricorre la morte del celebre filosofo Giordano Bruno, nato a Nola nel 1548 , e che per le sue idee è stato arso vivo in Campo dei Fiori a Roma il 17 febbraio 1600. Una mente libera che metteva a repentaglio il controllo delle coscienze.
Il suo è un rogo che arde da oltre 410 anni, una fiamma che da allora continua a commuovere ma anche a riscaldare i cuori e le menti di generazioni di uomini che, sull’esempio di Giordano Bruno, si battono perché le ceneri dell’oscurantismo dogmatico non soffochino la libertà di pensiero e di ricerca. Famose le ultime parole che Giordano Bruno rinfaccio ai suoi Giudici dopo la lettura della sua sentenza di morte arrivata dopo 8 anni di processo e prigionia: “Forse con più timore pronunciate la sentenza contro di me di quanto ne provi io nell’accoglierla”.
Al celebre filosofo e martire, accusato e condannato per eresia perché, uomo libero pensatore, e che fedele al suo pensiero preferì la morte rifiutandosi fino alla fine di abiurare le sue idee, dedico sommessamente uno dei suoi celebri aforismi che più che mai trovo di grande attualità anche ai giorni nostri:
Se questa scienza che grandi vantaggi porterà all’uomo, non servirà all’uomo per comprendere se stesso, finirà per rigirarsi contro l’uomo”.

Riflessioni sul ruolo del consulente tecnico nei contenziosi (Ingegneria forense)

Quando nel 1995 decisi di intraprendere la professione di ingegnere nel settore contenzioso giudiziario iscrivendomi presso il Tribunale di Foggia e dal 2000 presso il Tribunale di Bologna, molti colleghi giudicarono la mia scelta temeraria. Infatti essere un buon tecnico da contenzioso giudiziario significa necessariamente sapersi esprimere in modo chiaro, anche per chi tecnico non è (giudici, avvocati, parti, ecc.). Inoltre bisogna conoscere e rispettare le varie leggi dei codici e le norme che regolano la materia e al tempo stesso riuscire, a seconda del ruolo che di volta in volta si ricopre (ausiliario del giudice, consulente di parte, arbitro, mediatore, perito stimatore, ecc.), a svolgere il compito assegnato  al meglio per il proprio committente, ma senza mai dimenticare di conservare la propria onestà intellettuale.

Spesso (e questo non è scritto in nessun libro nè raccontato in nessun corso per consulenti)  bisogna mantenere la calma quando tutti attorno la perdono, o perchè troppo coinvolti o solo perchè sbraitando pensano di far prevalere la propria ragione o semplicemente per dimostrare ai propri assistiti che stanno svolgendo un buon lavoro, senza per questo evidenziare le propri tesi.

Molti pensano, a torto, che competenze tecniche e conoscenze giuridiche  siano gli unici ingredienti necessari per formare quello che oggi viene chiamato “tecnico forense” o una volta semplicemente tecnico giudiziario. La verità è che a questi bisogna aggiungere la pratica professionale e una buona predisposizione personale al dialogo e alla mediazione nelle liti, altrimenti si è destinati a risultati deludenti.

Il rapporto con le parti, con i giudici, gli avvocati ecc. deve sempre tendere ad un rapporto professionale scevro da astiosità e pregiudizi e dev’essere basato esclusivamente sulla professionalità del tecnico. Concetto facile a dirsi ma spesso difficilissimo da mettere in pratica anche per i consulenti più esperti. I colpi bassi, metaforicamente parlando, sono sempre più frequenti e per perdere la calma durante la discussione spesso animata ci vuole un attimo. Quando si perde la calma la situazione può sfuggire di mano e la bravura del professionista sta nel dominare e controllare la situazione, guadagnandosi  credibilità e stima nel contesto in cui opera e sulla tesi che sta cercando di sostenere senza mai perdere di vista quelle dei contendenti.

Nel corso degli anni ho ricevuto da giudici, avvocati, parti e colleghi numerosissime manifestazioni di stima per il lavoro svolto; per contro ho ricevuto, sia pure in casi rari,  anche alcune critiche feroci da chi mi era avverso nel procedimento. Anche questo rientra nel gioco delle parti.

Concludo la mia riflessione affermando che si tratta di una professione che consente di prendere in esame argomenti di varia natura tecnica molto diversi tra loro e molto spesso  assai complessi, e che è importante che il tecnico perito giudiziario sia sicuro di ciò che fa tecnicamente ma anche di agire in nome della giustizia e di lavorare sempre secondo scienza e coscienza nell’interesse delle parti, senza avere preconcetti.

E’ presente nel blog anche l’articolo: L’Ingegneria Forense

L’ingegneria forense

bilanciaL’ingegnere forense in senso stretto opera come Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) o di Parte (CTP) nell’ambito dei procedimenti giudiziari civili e penali per valutare i motivi per cui ha avuto origine e si è verificata una prestazione diversa da quella attesa.
In senso lato l’ingegnere forense oltre ad operare come Consulente del Giudice o della parte nei procedimenti giudiziari, opera anche come consulente in ambito extragiudiziario nelle procedure volte a prevenire il contenzioso giudiziario (arbitrati, mediazioni, perizie stragiudiziali, ecc.). (Rivista dell’Ordine degli Ingneri di Milano n.52)
L’ingegneria forense è la disciplina che utilizza i principi scientifici e i relativi metodi di analisi per la risoluzione di problematiche in ambito legale. L’ingegnere forense deve pertanto avere competenze trasversali, sia in ambito tecnico che in ambito legale, poiché le sue affermazioni, oltre a sostanziare scientificamente e tecnicamente i problemi, avranno anche grande valenza in ambito giuridico.
I campi di intervento dell’ingegneria forense sono molteplici, si va dalle problematiche legate a controversie tecniche in  appalti edili pubblici e privati, all’esecuzione di opere eseguite non a regola d’arte, agli infortuni industriali ai fenomeni di cedimento in esercizio di componenti o parti di macchina, dai disastri negli impianti di processo alle esplosioni o agli incendi, dai crolli di edifici ai problemi di igiene industriale e ambientale, ecc.
In termini del tutto generali l’ingegnere forense si occupa di analizzare i materiali, i prodotti, le strutture e i componenti che hanno subito una failure, ossia un fallimento che da un lato non ha permesso di garantire le prestazioni desiderate e dall’altro ha provocato danni più o meno gravi a cose o persone.
L’ingegneria forense è perciò scienza e tecnica al tempo stesso, nel senso che interpreta criticamente i risultati di un esperimento al fine di spiegare i fenomeni coinvolti: l’ingegnere forense mutua dallo scienziato il metodo di indagine di galileiana memoria, sostituendo ai risultati di un esperimento le evidenze raccolte dall’investigazione, per comprendere come si è svolto e quali siano state le cause di un determinato fenomeno.
Il tema affrontato dall’ingegneria forense, anche chiamata failure analysis, è molto ampio; la competenza tecnica in un determinato ambito non è la cosa più rilevante, quanto piuttosto è la conoscenza approfondita degli aspetti forensi di un problema tecnico ad essere l’elemento fondamentale.
Facciamo un esempio: se la vostra auto va in panne mentre guidate per recarvi al lavoro, sarete più propensi a chiamare il progettista dell’auto o il meccanico dell’autofficina? Ecco, l’ingegnere forense è, mutatis mutandis, qualcosa di analogo al meccanico dell’autofficina: lui forse non conosce nei minimi dettagli come l’auto è progettata, ma sicuramente vi saprà dire come e perché si è rotta e vi saprà aiutare a farla ripartire e ad evitare che il problema si ripresenti in futuro.
Anche l’ingegnere forense opera in modo analogo: magari non conosce tutti i segreti della progettazione dei treni, forse non è al corrente delle più recenti tecnologie di preparazione delle malte cementizie, probabilmente non è ben addentro alle strumentazioni d’avanguardia nel settore aereo o navale ma, statene certi, sarà in grado di aiutarvi nella ricostruzione di un sinistro, sia esso un semplice incidente automobilistico o un complesso deragliamento di un treno, finanche ad un disastro aereo o navale. Inoltre sarà lui a districarsi nella complessa attività di definizione delle normative di sicurezza trascurate e ad identificare le cause e i responsabili del sinistro. Per non parlare poi del corretto approccio giudiziario della vicenda (conoscenza della normativa giuridica, rapporto con giudici, avvocati, controparti, ecc.) che di sicuro non è un aspetto marginale e che spesso fa la differenza.

Vedi anche: Riflessioni sul ruolo del consulente tecnico nei contenziosi (Ingegneria Forense)

Pubblici dipendenti e incarichi di CTU, ruoli incompatibili?

presente sul sito del ministreto dell Giustizia)Una domanda posta all’Ordine degli Ingegneri di Bologna, con la relativa risposta, riguardante il già dibattuto ruolo di CTU per il dipendente di una pubblica amministrazione:

Gent.li colleghi ing.ri Monaco e Gasparini,
prima di tutto Vi faccio i miei complimenti per l’attenzione dimostrata sui temi della deontologia e dell’etica professionale, impegno dimostrato anche attraverso la sezione del sito dedicata al dialogo con gli iscritti (mi riferisco in particolare alla sezione quesiti e risposte). E’ proprio dopo aver letto un quesito con risposta in tale sezione (datato 2/9/2010 su: “Ruolo di CTU e dipendente  nella pubblica amministrazione“) che ho pensato scrivere la presente lettera.
1 premessa) Le leggi in merito alla incompatibilità  dell’attività di dipendente pubblico con quella autonoma del dipendente stesso non valgono per l’attività di CTU infatti, la direzione Generale degli Affari Civili e delle Libere Professioni del Ministero di Grazia e Giustizia infatti, ha risposto con la “Circolare del CSM del 4 gennaio 1999
” nella quale si legge: 
(Link diretto al sito del Ministero di Grazia e Giustizia)

“…….. ove tale divieto fosse ritenuto applicabile anche in tema di nomina di periti e consulenti, non solo si svuoterebbe di contenuto la concreta possibilità di scelta fiduciaria da parte del Giudice, prevista dai vigenti codici di rito, ma si impedirebbe al Giudice, dominus del processo, di avvalersi di quelle nozioni tecniche ritenute indispensabili, individuate soltanto in quel determinato soggetto che intende nominare consulente o perito
Nella stessa circolare si legge inoltre che l’indipendenza della Magistratura garantita dall’art.104 della Costituzione anche nell’ambito del delicato momento di scelta del perito, non può essere scalfita da norme che condizionano ad un atto vincolante di una autorità amministrativa l’attività giudiziaria intralciandola. Ne consegue quindi che tali norme non si applicano nel caso specifico degli incarichi di consulenza tecnica o peritale conferiti dall’Autorità Giudiziaria.
La giurisprudenza anche di Cassazione ha successivamente consolidato quanto scritto nella circolare anzi detta stabilendo che l’iscrizione dei consulenti tecnici negli appositi albi in Tribunale, in ragione della loro competenza specifica, è diretta a facilitare la scelta del giudice, ma non comporta un limite al potere di scelta del giudice medesimo; tanto è vero, che la mancata iscrizione del consulente all’albo dei consulenti d’ufficio non incide sulla validità della consulenza.
2 domanda) Malgrado la premessa alcune pubbliche amministrazioni continuano a imporre limiti e divieti ai loro dipendenti. Questo è il caso ad esempio dell’Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia Romagna (ex Provveditorato agli Studi) dove purtroppo alcuni dirigenti improvvisano interpretazioni personali originando confusione e quindi difficoltà ai docenti chiamati a svolgere il ruolo pubblico di ausiliario del Giudice. Potrebbe il Consiglio dell’Ordine di Bologna esprimere un proprio autorevole parere sul punto?

In riscontro Suo quesito, si trascrive di seguito il Parere del nostro consulente legale:

”Come correttamente anticipato dall’iscritto Dott. Ing. Ugo Lops, che di questa specifica materia si è molto e positivamente interessato nel recente passato, l’argomento continua ad essere controverso soprattutto per cattiva informazione di alcuni rami periferici della Pubblica Amministrazione. Ebbene, pur senza l’ambizione di mettere una mia parola definitiva alla questione, risponderei al quesito sottopostomi richiamando alcuni principi fondamentali statuiti dalla Suprema Corte di Cassazione.
1) Nel nostro codice di procedura civile la consulenza tecnica non costituisce un mezzo di prova la cui ammissione, come per altri incombenti istruttori, è rimessa alla esclusiva disponibilità delle parti e dei suoi difensori; al contrario, essa consiste in uno strumento probatorio non soltanto sottratto alla disponibilità delle parti, bensì anche riservato all’esclusivo prudente apprezzamento del giudice. La consulenza, infatti, è finalizzata all’acquisizione di un parere tecnico necessario affinché il giudice possa valutare (ed infine decidere) argomenti e questioni che comportino specifiche conoscenze. Rientra, quindi, nei poteri discrezionali del giudice stabilire se e quando egli ritenga necessaria la consulenza tecnica e la nomina del proprio ausiliario di giustizia.
2) Come si è appena detto, la nomina del consulente rientra fra i poteri discrezionali del giudice, che può provvedervi anche senza alcuna richiesta delle parti e nei limiti di indagine che egli ritenga opportuni; nella designazione del consulente il giudice non è per nulla obbligato a scegliere in albi predisposti, potendo egli fare ricorso alle conoscenze specialistiche acquisite direttamente attraverso letture e ricerche personali. Quindi, il giudice può anche nominare un pubblico dipendente, se egli ne apprezza la competenza tecnica: diversamente, si finirebbe sia con il rendere privo di interesse i principi della discrezionalità e dell’autonomia del giudice, sia con l’impedire al giudice la nomina di un ausiliario con competenze e nozioni che egli ritiene indispensabili al processo.
3) Qualora venga nominato consulente tecnico d’ufficio (cioè del giudice) un pubblico dipendente e che questi accetti l’incarico e lo svolga, in virtù della speciale funzione che egli assume di ausiliario giudiziario egli non è soggetto all’obbligo di una preventiva autorizzazione da parte della propria amministrazione; tuttavia, una doverosa informazione è imposta nell’ambito del rapporto d’impiego.

Altro articolo sull’argomento già presente nel Blog: Incarichi di CTU conferiti a pubblici dipendenti

Una recente sentenza del 2017 del Consiglio di Stato ritorna sulla vicenda affermando che un dipendente pubblico può accettare incarichi anche senza autorizzazione della propria amministrazione (Consiglio di Stato 3513/2017). A tal riguardo si riporta quanto scrive Legislazione Tecnica sul proprio sito:

Il consulente tecnico di parte – CTP

bilanciaIl grado sempre più elevato di tecnicismo dei processi legati ad accertamenti e/o valutazioni tecniche e scientifiche di particolare complessità induce giudici ed avvocati ad avvalersi di consulenti-specialisti.

A differenza del Consulente del Giudice (CTU) che è un pubblico ufficiale (con tutti gli oneri che ciò comporta) il consulente di parte (CTP) non è tenuto a prestare giuramento, non può essere ricusato, non è obbligato ad assumere l’incarico, non è vincolato ad essere iscritto ad albi professionali.

Nel momento in cui assume un incarico quindi, il consulente di parte, di fatto presta un’opera intellettuale che ha matrice contrattuale. Pertanto la responsabilità che egli assume nei confronti del proprio cliente è quella di una obbligazione di mezzo e non di risultato. In buona sostanza gli è dovuto il compenso anche in caso di esito negativo della lite o se abbia formulato conclusioni contrarie all’interesse del proprio cliente per non aver voluto trasgredire a norme di legge, dell’etica in generale e della deontologia professionale.

L’attività del consulente di parte è ampia e spesso riguarda, oltre all’attività processuale vera e propria accanto al CTU, anche la decisione pre-giudiziale di affrontare un processo. In tal senso gioca spesso un ruolo fondamentale in ordine alla impostazione della fase giudiziaria stessa influenzando la formulazione delle richieste e, di conseguenza, le strategie difensive della parte ricorrente o convenuta. Il consulente di parte di concerto con l’avvocato, ciascuno relativamente al proprio bagaglio di conoscenze e nei rispettivi ruoli concorrono quindi alla determinazione della linea difensiva del proprio cliente. Tale stretta collaborazione tra le due figure professionali, viene addirittura definita da alcuni come una vera e propria: “Simbiosi processuale”.

E’ comunque bene chiarire un aspetto etico del consulente di parte, aimè spesso trascurato, che è quello della fedeltà alla parte. Svolgere una consulenza di parte non vuol dire stravolgere dati inconfutabili a favore del proprio assistito con impegno a far credere vero ciò che è falso e falso ciò che è vero ma le considerazioni del consulente tecnico di parte possono trovare spazio laddove i dati risultano incerti oppure nella certezza del dato sussistono margini per formulare valutazioni anche solo in parte differenti.

Bibliografia essenziale:

INAIL – Responsabilità professionale del consulente tecnico 

Altalex – La responsabilità civile del consulente di parte

Buonismo e bontà

Sempre più spesso nella vita pubblica, in politica, nei media, nelle scuole si sente parlare di buonismo talvolta senza comprenderne appieno la portata del termine o della tendenza “sempre più intesa come costume”.

Per Buonismo si intende quel modo di fare che tende a perdonare cose negative che non recano gravi danni piuttosto che essere severi e punirle.

La Bontà invece, talvolta confusa con il buonismo, è tutt’altro perchè a differenza della prima porta a perdonare anche gravi mancanze quando all’interno del proprio cuore si capisce che è giusto fare così.

Da queste definizioni si comprende subito che il buonismo è un qualcosa di automatico e che viene dato senza l’uso del pensiero, mentre la bontà è qualcosa che arriva dall’io interiore dopo che si è pensato al fatto increscioso.

Per questo motivo la bontà e il buonismo sono due cose diametralmente opposte anzi nel buonismo si possono trovare le radici di molti dei mali della società moderna basata più sull’apparire che sull’essere.

La bontà è caotica e va anche contro la legge quando la situazione è più grave perchè è una scelta interiore. Il buonismo invece è legale e va contro la legge solo quando la situazione garantisce che il buonista non finisca nei guai, perchè è un problema sociale. Il Buonismo è un atteggiamento “forzato” dove tutti devono essere necessariamente conformi alla bontà, dove si deve essere misericordiosi e gentili e avere idee comuni alla società (falsa) perchè altrimenti vieni additato come anticonformista e fuori dagli schemi sociali.

Dal WWF il decalogo della casa veramente ecologica

I dieci requisiti che, secondo il WWF Italia, un edificio davvero ecologico deve avere, per non confondersi con la schiera di progetti ‘verdi’, ‘ecologici’, ‘sostenibili’ più o meno sinceri, di cui l’architettura moderna spesso si fregia:

 

  1. la sua costruzione sia indispensabile
  2. sia adeguatamente localizzato
  3. sia specifico per una località
  4. recuperi o riqualifichi l’esistente
  5. riduca al minimo le dimensioni
  6. usi materiali a basso impiego di energia, salubri e a basso impatto
  7. riduca il bisogno di energia
  8. dia un ruolo attivo nella progettazione agli abitanti
  9. esprima la capacità sociale del costruire
  10. sia finalizzato al benessere della comunità

Solo teoria? No, nel Convegno del 9 novembre scorso – introdotto dal presidente onorario del WWF Italia e architetto Fulco Pratesi, e dalla presidente del WWF Lazio Vanessa Ranieri – sono stati passati in rassegna progetti ed elementi di edilizia sostenibile molto concreti: lo studio di materiali e tecniche per l’isolamento termico degli edifici e l’efficienza energetica (arch. Paolo Rava, Università di Ferrara); un progetto di architettura “dell’essenziale” in un’area povera dell’Africa, realizzata con risorse e materiali locali e dalla forte valenza sociale (arch. Emilio Caravatti). La realizzazione di un quartiere residenziale a Pieve di Cento, in provincia di Bologna, basata su una stretta relazione tra natura e costruito, e un confronto serrato tra bioclimatica, scelte tecnologiche e tradizioni locali (arch. Angelo Mingozzi, Università di Bologna).

Presentazione convegno WWF e decalogo sulla casaecologica

Grazie Papà

Archimede LopsVenerdì 12 giugno 2009, dopo un lungo e sofferto periodo di malattia all’età di 78 anni è venuto a mancare all’affetto dei suoi cari Archimede Lops, mio padre, un uomo gentile cha ha donato tutta la vita alla sua famiglia e che dell’onestà e dell’onore ha sempre fatto il suo baluardo.

In un mondo dove l’arroganza e la prevaricazione sono spesso scambiati per giustizia e dove non sempre conta quello che fai e le azioni che compi ma vale più l’apparire ad ogni costo o ciò che possiedi (non importa ottenuto come) non posso che dirti: ”Grazie papà per tutto quello che mi hai dato, per i valori e i principi che hai saputo trasmettermi”.

U.L.

Teresa e Archi

   Un ricordo di mia madre Teresa Salvemini:

    “Archimede e le api

Dopo il terremoto molte inesattezze come quelle sul calcestruzzo

ITALY EARTHQUAKEE’ corretto parlare di tragedia del terremoto quando da più parti si sente dire che un terremoto di tale entità non avrebbe dovuto produrre tali e tanti danni, per non parlare dei morti. Si è arrivato persino a dire che il calcestruzzo forse non è il materiale adatto per le costruzioni in zone sismiche. Ma è vero? Il Presidente dell’ AICAP Luca Sampolesi non ci sta e su Il sole 24 ore  pubblica un articolo del 17-4-2009 in cui spiega le molte inesattezze dette nei giorni scorsi sul calcestruzzo forse per mascherare le vere responsabilità dovute a chi per anni ha lucrato, risparmiato accumulando denaro anche a discapito della vita delle altre persone. Infatti non meno responsabile è chi pur dovendo controllare non lo ha fatto e chi invece (come certa politica dai tagli indiscriminati a chi può e deve controllare) continua a far credere che la strada da perseguire è  solo quella delle sanzioni piuttosto che quella dei controlli e quindi della prevenzione.

U. Lops

Il terremoto: prevenzione e falsa fatalità

terremotoQuando il 6 aprile il terremoto ha colpito l’Abruzzo, in molti si sono ricordati di un tecnico del laboratorio del Gran Sasso che una settimana prima aveva cercato di allertare le autorità. Ma i terremoti si possono davvero prevedere? In proposito si segnala un interessante articolo pubblicato sul portale indipendente d’informazione: “lavoce.info“.
Nell’articolo in questione dal titolo: “Il terremoto tra vera prevenzione e falsa fatalità” si sostiene che i terremoti si possono prevedere ma che la previsione ottenibile non serve a ordinare un’evacuazione bensì ad individuare le zone maggiormente a rischio e quindi  dove le case vanno sicuramente costruite secondo criteri antisismici. Il problema più grave dell’Italia è proprio nell’inadeguatezza delle infrastrutture che anche di fronte a un sisma di dimensioni relativamente modeste cagionano così tante vittime e danni.
 
Link per ulteriori approfondimenti:
Protezione civile
Ist. Naz. Geofisica e Vulcanologia

Inno del punto di rottura

rudyard-kipling

(versione .pdf )

Precisi manuali hanno calcolato

(in guardia costruttori!)

il carico, l’impatto, la pressione

che può reggere ogni materiale.

Così, quando per trave che s’incurva

l’intera campata è frantumata,

la colpa dei danni, o della morte,

sul conto dell’uomo va segnata.

 Dell’uomo non dei materiali.

 Ma nel nostro rapporto quotidiano

con pietra e acciaio,

noi vediamo gli Dei non vincolati,

a una simile giustizia per gli umani.

Ci forgiamo senza prendere misure,

non frequentiamo un corso su di noi,

alla cieca ci graviamo di pesi.

 Troppo spietati da sopportare.

 Precisi manuali hanno tabelle:

quale stress lacera i bulloni,

quanto traffico logora l’asfalto,

quanto lungo dura il calcestruzzo.

Ma per noi, poveri figli di Adamo,

non stamparono tali avvertimenti.

 Per l’uso in piena sicurezza.

 Rapiniamo tutta la terra

e Tempo e Spazio insieme;

troppo sazi ormai di meraviglie

per stupirci a nuovi miracoli;

finchè, nella dolce illusione

d’aver già sottomano il divino,

una multipla confusione assale

ogni cosa compiuta o ideata:

 Le opere possenti progettate.

 Noi soli nel creato soffriamo

(più fortunati ponti e rotaie!)

la duplice condanna di fallire

e sapere il proprio fallimento.

Ma un segno, l’unico, svela

che fummo Dei: é la vergogna

di crollare, pur sotto pesi immani.

 Gran carico o dure avversità.

 O Potenza velata di mistero,

di cui invano cerchiamo il sentiero,

assistici nell’ora di pena e rovina.

E per quel segno che ti manifesta,

noi gli spezzati, proprio perchè spezzati,

sorgeremo ancora a costruir di nuovo.

 In piedi, a costruire ancora!

Rudyard Kipling

Circa l’attività del CTU

oltraggio

Il Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) nello svolgimento delle sue funzioni si trova nella veste di pubblico ufficiale ausiliario del Magistrato, condizione che lo investe di considerevoli responsabilità (anche di natura penale). E’ ovvio quindi che per lo svolgimento dell’incarico affidatogli egli deve conoscere bene il proprio ruolo ossia: la normativa di riferimento, i relativi articoli del codice di procedura civile e la prassi utilizzata in Tribunale.

Tali conoscenze risultano indispensabili soprattutto quando il Consulente si trova fuori dall’aula del Tribunale, lontano dall’aiuto del Giudice, a fronteggiare i procuratori legali delle parti, i Consulenti Tecnici di Parte o tutte quelle situazioni di carattere straordinario che richiedono la conoscenza delle norme di procedura. In caso di difficoltà è comunque sempre consigliabile che il CTU si rivolga al Magistrato per le indicazioni del caso.

Per quanto attiene al comportamento del CTU durante il contraddittorio, lo stesso deve sempre essere improntato alla pacatezza nell’esposizione delle argomentazioni e al criterio dell’assoluta imparzialità. Ovviamente, per quanto anzi detto, il CTU deve prestare attenzione a non cadere in tranelli o provocazioni tese a fargli perdere la calma, esponendolo al rischio di sostituzione dietro richiesta della parte che ha interesse nel rinnovo delle indagini medesime. La calma, l’integrazione del contraddittorio e la trasparenza sono senza alcun dubbio i principi base cui un CTU deve sempre ispirarsi.

Ma, cosa bisogna fare quando le parti esagerano arrivando ad oltraggiare il CTU? In tal caso è sempre meglio che il consulente, prima di intraprendere qualsiasi iniziativa, informi il Magistrato dell’accaduto e questo anche nel caso in cui non intenda perseguire legalmente la parte interessata.

Resta infatti sempre aperta la possibilità di adire le vie legali. La giurisprudenza più recente (successiva comunque all’abrogazione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale) ritiene che l’offesa al prestigio del pubblico ufficiale sia esattamente corrispondente – in fatto – all’offesa al decoro e all’onore, prevista per il vigente reato di ingiuria. Di conseguenza, si tratterà di ingiuria aggravata ai sensi dell’articolo 61 al n. 10 poiché commessa contro pubblico ufficiale nell’atto o a causa dell’adempimento delle sue funzioni.

 

Sul tema dell’oltraggio e dell’ingiuria si segnala l’articolo scritto sul sito: http://www.overlex.com  dal titolo:L’abrogato reato di oltraggio a pubblico ufficiale ex art. 341 c.p. – Delitti dei privati contro la pubblica amministrazione”.

 

Un caso particolare: Incarichi di CTU ai pubblici dipendenti

Libertà di pensiero

Gli uomini temono il pensiero più di ogni altra cosa al mondo più della rovina e persino più della morte. Il pensiero è sovversivo e rivoluzionario, distruttivo e terribile; il pensiero è spietato nei confronti del privilegio, delle istituzioni e delle comode abitudini; il pensiero è anarchico e senza legge, indifferente verso le autorità, incurante dell’ormai collaudata saggezza dei secoli passati. Il pensiero guarda nella voragine dell’inferno, ma non ha paura… Il pensiero è grande, acuto e libero, la luce del mondo, e la più grande gloria dell’uomo. Se il pensiero non è bene di molti, ma soltanto privilegio di pochi, lo dobbiamo alla paura. E’ la paura che limita gli uomini-paura che le loro amate credenze si rivelino delle illusioni, paura che le istituzioni con cui vivono si dimostrino dannose, paura di dimostrarsi essi stessi meno degni di rispetto di quanto avessero supposto di essere.

Bertrand Russel

Incarichi di CTU conferiti ai pubblici dipendenti

 

Le leggi in merito alla incompatibilità  dell’attività di dipendente pubblico con quella autonoma del dipendente stesso si pongono in maniera particolare per gli ingegneri ed i tecnici in genere.

Gli Uffici Giudiziari, in risposta alla richiesta di applicabilità di tali norme anche nei casi di attività prestate dal dipendente pubblico in assolvimento degli incarichi di consulenza tecnica (CTU) conferiti dall’Autorità Giudiziaria, hanno pubblicato la “Circolare del CSM datata 4 gennaio 1999nella quale si legge: “…….. ove tale divieto fosse ritenuto applicabile anche in tema di nomina di periti e consulenti, non solo si svuoterebbe di contenuto la concreta possibilità di scelta fiduciaria da parte del Giudice, prevista dai vigenti codici di rito, ma si impedirebbe al Giudice, dominus del processo, di avvalersi di quelle nozioni tecniche ritenute indispensabili, individuate soltanto in quel determinato soggetto che intende nominare consulente o perito …..”.

Nella stessa circolare si legge inoltre che l’indipendenza della Magistratura garantita dall’art.104 della Costituzione, anche nell’ambito del delicato momento di scelta del perito, non può essere scalfita da norme che condizionano ad un atto vincolante di una autorità amministrativa l’attività giudiziaria intralciandola. Ne consegue quindi che tali norme non si applicano nel caso specifico degli incarichi di consulenza tecnica o peritale conferiti dall’Autorità Giudiziaria.

La circolare chiarisce così in modo definitivo ed inequivocabile una annosa questione che per molto tempo ha creato forti difficoltà ai dipendenti pubblici (ed in particolare a quelli del settore scolastico) che erano incaricati dal Giudice di espletare particolari consulenze.

Alla luce di questa circolare il dipendente pubblico potrà espletare l’incarico di consulenza senza problemi ostativi di sorta e senza obbligo di dover segnalare, aprioristicamente, alla propria Amministrazione di appartenenza il procedimento in cui è stato chiamato dal Giudice per lo svolgimento dell’incarico riservandosi al massimo di comunicare, qualora fosse necessario oltre che giustificato, esclusivamente gli estremi identificativi del procedimento stesso.

Una recente sentenza del 2017 del Consiglio di Stato ritorna sulla vicenda affermando che un dipendente pubblico può accettare incarichi anche senza autorizzazione della propria amministrazione (Consiglio di Stato 3513/2017). A tal riguardo si riporta quanto scrive Legislazione Tecnica sul proprio sito:

Consulenza tecnica d’ufficio e di parte

Ing. Ugo Lops

 

La Consulenza tecnica d’ufficio (CTU) rappresenta una delle fonti di convincimento del giudice sia nell’ambito delle procedure civili, che in quelle penali.

Sempre più spesso capita al magistrato di dover richiedere l’intervento di un “esperto super partes” che, attraverso le sue specifiche competenze tecnico/scientifiche e l’impiego di un linguaggio comprensibile e chiaro anche per chi non abbia il suo stesso specifico bagaglio cognitivo, consenta al giudice medesimo di acquisire elementi idonei al raggiungimento della verità.

Ad esempio la CTU è richiesta in quei casi in cui è necessario accertare la sussistenza di vizi o difetti di un bene, ovvero di determinarne il quantum di una richiesta di risarcimento o ancora in quelle situazioni nelle quali solo un giudizio equitativo consente di quantificare un danno infatti l’opinione del perito/consulente d’ufficio è l’unica plausibile alternativa ad una valutazione solo di parte o peggio del tutto arbitraria.

Purtroppo, talvolta, capita di riscontrare nell’operato di alcuni CTU contraddittorietà e opinabilità. E’ proprio in questi casi che ben emerge l’importanza del ruolo svolto dal Consulente Tecnico di Parte (CTP) al quale è affidato il compito di collaborare con il consulente o perito del giudice coadiuvandolo nelle ricerche ed evidenziando quegli aspetti tecnici che altrimenti potrebbero non essere tenuti nella giusta considerazione o nella peggiore delle ipotesi ignorati del tutto (certo a scapito della verità scientifica tanto ricercata).

Non tutti i tecnici, per quanto preparati e abili nei loro ambiti disciplinari, possiedono i requisiti base richiesti al consulente/perito d’ufficio (CTU) o di parte (CTP). Ad essi infatti è richiesto come competenze, oltre all’essere esperto in un determinato ambito tecnico-disciplinare, anche di avere conoscenza delle principali norme, leggi e procedure giuridiche ed ancora la capacità di trasmettere e condividere le proprie conoscenze agli altri. 

Il caso: Incarichi di CTU ai pubblici dipendenti

Verità o giustizia?

Blaise Pascal

 

La giustizia e la verità sono due punte così sottili che i nostri strumenti sono troppo smussati per arrivarvi con esattezza. Quando questo accade, essi ne ottundono la punta, appoggiandosi intorno, più sul falso che sul vero.

                                                                      Blaise Pascal

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